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LOCAZIONI COMMERCIALI - RAPPORTI CONTRATTUALI TRA PRIVATI. PROBLEMATICHE, NORME DI RIFERIMENTO, POSSIBILI SOLUZIONI.

LOCAZIONI COMMERCIALI - RAPPORTI CONTRATTUALI TRA  PRIVATI. PROBLEMATICHE, NORME DI RIFERIMENTO, POSSIBILI SOLUZIONI.

LOCAZIONI COMMERCIALI - RAPPORTI CONTRATTUALI TRA PRIVATI. PROBLEMATICHE, NORME DI RIFERIMENTO, POSSIBILI SOLUZIONI.

Come noto, l'Art. 94 del decreto Cura Italia, prevede per le federazioni sportive nazionali, EPS, ASD e SSD una sospensione temporanea (fino al 3152020) dei versamenti dei canoni di locazione e concessione per gli impianti sportivi pubblici di proprietà dello Stato e degli enti territoriali.

A seguito dei recenti interventi governativi, aventi ad oggetto la sospensione di determinate attività sul nostro territorio, è opportuno rivolgere la nostra attenzione ad alcune situazioni di fatto non direttamente contemplate dalla decretazione d'urgenza.

Ci riferiamo, in particolare, a tutti coloro, compresi, quindi, i soggetti che esercitano nel settore sportivo (indipendentemente dalla forma con la quale operano: societaria, associazione o altro) che hanno stipulato contratti di locazione ad uso commerciale con soggetti privati e che, a fronte delle misure recentemente adottate dal nostro Governo (sospensione, riduzione dell'attività esercitata), potrebbero trovarsi nella difficoltà di dover sostenere il pagamento del  canone alle scadenze pattuite.

È pacifico che il conduttore non possa sospendere il pagamento del canone per nessuna ragione, salvo solo il caso in cui l'immobile sia materialmente inutilizzabile.

La situazione di fatto che andiamo ad esaminare è la seguente: l'immobile locato è nella pacifica disponibilità del conduttore ed è in condizioni da poter essere utilizzato. Tuttavia questi, a seguito dello STOP recentemente imposto dalle misure d'urgenza, non ne può godere (o ne gode soltanto in misura ridotta) al fine di svolgere la propria attività. L'impossibilità di svolgere l'attività, non è imputabile a nessuna delle parti, è dovuta ad una emergenza straordinaria di tutela della salute. Né il conduttore, né il locatore, hanno, dunque “colpe”. Il conduttore, da parte sua, può non nutrire interesse a liberarsi dal vincolo contrattuale (si pensi ad esempio nel caso in cui abbia investito tanto denaro), avendo, semmai, ancora più interesse ad esercitare l'attività nello stesso immobile, una volta passata l'emergenza. Dall'altro lato il locatore difficilmente avrà interesse all'interruzione del rapporto contrattuale con conseguente perdita dei canoni.

Occorre quindi considerare diverse questioni, ovvero: l'esigenza di sospendere il pagamento del canone, la necessità a continuare ad avere la disponibilità dell'immobile ed al tempo stesso nulla dovere al proprietario a titolo di canone.

E' legittimo, in una situazione di tal genere, avanzare richieste di riduzione dei canoni o addirittura invocare la risoluzione del contratto? Si può invocare il "coronavirus" (rectius: motivo straordinario ed imprevedibile) quale causa legittima di inadempienza dei contratti di locazione commerciale?

Come già detto la decretazione d'urgenza di questo periodo niente prevede a riguardo e la normativa speciale in materia di locazione offre ben poche vie d'uscita; è più opportuno, al fine di rispondere ai quesiti sopra formulati, far riferimento al Codice Civile e alla normativa   generale che regola i rapporti obbligatori nascenti da contratto.

 Esaminiamo nel dettaglio le varie disposizioni normative che possono costituire un riferimento per la soluzione dei nostri problemi.

  1. la prima soluzione (l'unica prevista dalla normativa speciale in materia di locazioni) potrebbe essere quella prevista dall'art. 27 della L. 392/78 per cui, per “gravi motivi”, il conduttore può recedere dal contratto di locazione con preavviso di 6 mesi. I “gravi motivi” sono, in questo caso, riconducibili all' attuale situazione di emergenza. I risvolti negativi di una tale soluzione (che comunque comporta una “cessazione” del rapporto contrattuale) potrebbero riflettersi sulla prosecuzione dell'attività svolta dal conduttore. Una volta cessata l'emergenza, nel caso di avvenuto recesso contrattuale, sarà il conduttore in grado di risollevarsi e reperire, a breve e senza difficoltà, nuovi locali per esercitare la propria attività? Da non tralasciare che il canone per il semestre nel quale decorre il preavviso resterebbe, di regola, quello contrattuale.
  1. L'art. 1464 cc prevede “l’impossibilità parziale sopravvenuta” che rende possibile la riduzione della prestazione (canone). La prestazione potrebbe essere adempiuta solo per la parte “possibile”. Invocare, da parte del conduttore, tale norma può effettivamente portare solo ad una riduzione del canone, ma non alla sua eliminazione. In ogni caso, però, va tenuto presente che la situazione di “impossibilità sopravvenuta parziale” legata all'emergenza covid - 19, attualmente, non ha le caratteristiche della definitività. La riduzione potrebbe, pertanto, essere accordata solo per il periodo strettamente legato alla situazione di emergenza.
  1. Ai sensi dell'art. 1467 cc potrebbe invocarsi “l’eccessiva onerosità sopravvenuta” della prestazione afferente al pagamento del canone. Il problema sarebbe in tal caso, costituito dal fatto che tale giustificazione comporterebbe una richiesta di “risoluzione” del contratto stesso (con inevitabili effetti negativi sulla prosecuzione dell'attività stessa del conduttore). L'unica possibilità, considerata la necessità di preservare l'attività del conduttore, sarebbe che il locatore proponesse o eventualmente acconsentisse ad una richiesta di modifica delle condizioni contrattuali. Tuttavia, anche in questo caso, pesano la non definitività della situazione di crisi che determina l'eccessiva onerosità, il fatto che vi è il rischio di risoluzione del contratto e, pertanto, di cessazione dell'impresa.
  1. Attingendo ai principi generali del nostro ordinamento giuridico, l'art. 1258 cc. costituisce una norma che regola, anche solo in parte, L’impossibilità parziale di rendere la prestazione dovuta. Si obbedisce alla ratio secondo cui se l'impossibilità è solo parziale, non vi sono ragioni per liberare del tutto il debitore e neppure per impedire al creditore di soddisfarsi per il residuo possibile. Il conduttore non può, per una causa a lui estranea e nonostante abbia la materiale disponibilità dell'immobile stesso, utilizzare l'immobile per la ragione per cui lo aveva affittato. La legittimità a sospendere il pagamento del canone di locazione, sussiste solo quando l'immobile è divenuto completamente inutilizzabile, ovvero viene meno l'utilizzabilità integrale della prestazione.

A seguito del provvedimento di chiusura delle attività commerciali di cui al Dpcm dell'11 marzo 2020, si è reso possibile, per il conduttore, invocare, a proprio vantaggio, disposizione di cui all'art 1256 cc, ovvero, l'impossibilità temporanea di adempiere alla propria obbligazione. "L'impossibilità sopravvenuta" (1256 c.c.) è una causa di legittima estinzione dell'obbligazione, oppure, a seconda delle circostanze, di giustificazione del ritardo nell'adempimento.

Tale impossibilità, per essere giuridicamente rilevante, deve avere a riferimento un evento eccezionale ed imprevedibile, estraneo alla sfera del debitore ed idoneo a provocare un impedimento obiettivo ed insormontabile allo svolgimento della prestazione.

Si parla in tal senso di cause di forza maggiore, come epidemie, catastrofi, guerre, che rientrano tra le cause di forza maggiore idonee a giustificare l'inadempimento o a ritardare l'adempimento. In questo caso il locatario si libera dall'obbligazione eseguendo la prestazione (pagamento del canone) per la parte che è rimasta possibile e il Cornavirus potrebbe rientrare in tale concetto. Anche in questo caso però dobbiamo fare i conti con un'impossibilità parziale che non ha il requisito della definitività. Superata l'emergenza, infatti, l'immobile sarà nuovamente e totalmente utilizzabile, il canone dovrà nuovamente pagarsi per intero.

La mancanza di incassi conseguente allo “stop” imposto all'attività   determina, quindi, l'impossibilità di adempiere al pagamento del canone pattuito per il periodo di durata dell'emergenza. Si realizza una sorta di “sospensione” del pagamento del canone coincidente temporalmente con lo stop forzato dell'attività. Dubbi sorgono però riguardo al “dopo”: al momento in cui sarà consentita la ripresa dell'attività, il locatario dovrà pagare anche i canoni arretrati relativi al periodo di sospensione?

Il locatore potrebbe legittimamente richiederne il pagamento. Sarebbe opportuno addivenire ad un accordo tra le parti in modo tale da contemperare i reciproci interessi e trovare una soluzione (rateizzare i pagamenti, riduzione del canone etc.) satisfattiva per entrambe le parti.

  1. L'art. 91 del DL 18/2020 , introduce una disposizione molto importante a riguardo, poiché considera le conseguenze di un inadempimento qualora le stesse derivino dal “rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto” precisando che tale situazione “è sempre valutata ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 (responsabilità del debitore) e 1223 (risarcimento del danno) c.c.e ciò in relazione a “eventuali decadenze civili o penali connesse a ritardi o omessi adempimenti”. Ciò significa che il mancato pagamento del canone (inadempimento) o il ritardo nel pagamento, se effettivamente giustificati dal rispetto delle misure dettate dal provvedimento sopra citato, non fanno scattare l'obbligo risarcitorio normalmente previsto. La prestazione, in questo caso, è divenuta “impossibile” per causa non imputabile al debitore (art. 1218 cc) e il mancato o ritardato adempimento della stessa non comporta l'obbligo di risarcire le conseguenze immediate e dirette dello stesso, ovvero le perdite e il mancato guadagno del creditore ( art. 1223 cc).

Tale disposizione ha un mero ed esclusivo valore rafforzativo e confermativo, delle disposizioni dell'ordinamento che lo stesso art. 1218 richiama direttamente. Si tratta proprio delle disposizioni di cui agli 1258 c.c. (impossibilità parziale) e artt. 1256 c.c. (impossibilità definitiva o temporanea) e che abbiamo considerato ai precedenti punti 4 e 5 e che determinano le conseguenze tutte lì esposte.


E', comunque, d'obbligo considerare che non è affatto scontato che la chiusura temporanea dell’attività renda impossibile la prestazione principale del conduttore consistente nel pagamento del canone di locazione e delle spese accessorie.

E’ bene infatti ricordare che non è impossibile la prestazione che possa essere adempiuta con la normale diligenza, tanto più alla luce del recente intervento normativo emanato dal Governo con decreto legge del 16 marzo 2020 che prevede che “al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, ai soggetti esercenti attività d’impresa è riconosciuto un credito d’imposta nella misura del 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria C1”.

In conclusione, salve tutte le riserve ed indicazioni date, appare difficile sostenere il diritto del conduttore ad un'automatica riduzione del canone. Nel difetto di una tale automaticità, come può agire questi per ottenere una riduzione del canone di locazione?

  • La soluzione più semplice e immediata potrebbe essere quella di chiedere, per le vie ordinarie, al locatore una riduzione del canone - quantomeno per il periodo di crisi -  e concordare ciò in via amichevole e transattiva.
  • Sarà quindi opportuno, in prima battuta, che il conduttore formalizzi tempestivamente al locatore, con le relative motivazioni, la richiesta di riduzione o sospensione del canone di locazione, adducendo le ragioni di sopravvenuta impossibilità ad adempiere agli obblighi contrattuali per causa di forza maggiore (motivi straordinari e imprevedibili), al fine di giungere ad una soluzione conciliativa, fermo restando che sarà comunque rimessa alla discrezionalità del locatore l'accettazione o meno della proposta di riduzione o sospensione;

- nel caso in cui vi sia un rifiuto da parte del locatore ad addivenire ad una soluzione bonaria, è possibile utilizzare lo strumento della “mediazione” (che, oltretutto, in materia locatizia, è, per legge, un passaggio obbligatorio prima di adire l'autorità giudiziaria - V. Dlgs 282010). Il conduttore potrà, quindi, rivolgersi ad un Organismo di Mediazione presente sul territorio, far convocare il locatore e avanzare, in detta sede, la richiesta di riduzione.

  • Nel caso di esito negativo della mediazione, l'unica chance rimanente è quella del Giudizio, ponendo a sostegno delle proprie ragioni, una delle ipotesi formulate in precedenza. E' possibile quindi per il conduttore invocare il combinato disposto delle norme del codice civile di cui agli artt. 1218 (non responsabilità nel ritardo della prestazione a causa dell’impossibilità non imputabile al debitore), 1256 (impossibilità sopravvenuta), 1258 e 1464 (riduzione della prestazione per prestazione parzialmente impossibile).

TEAM PROFESSIONISTI FISPIN

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