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[COMMENTO ALL’ART. 56 D.L. N. 18 DEL 17.3.2020]

[COMMENTO ALL’ART. 56 D.L. N. 18 DEL 17.3.2020]

[COMMENTO ALL’ART. 56 D.L. N. 18 DEL 17.3.2020]

-IL CONTENUTO DELL’ART. 56 D.L. N.18/2020

In un contesto di forte criticità economica legato al diffondersi dell’epidemia da Covid-19, il D.l. n. 18/2020, all’art. 56, pone un’importante tutela volta alle cosiddette micro, piccole e grandi imprese, offrendo loro importanti strumenti di sostegno finanziario.

Al fine di sostenere le proprie attività danneggiate dal particolare periodo che stiamo attraversando, le imprese, in relazione alle esposizioni debitorie nei confronti di banche, di intermediari finanziari e/o di soggetti abilitati alla concessione del credito, possono avvalersi delle seguenti misure di sostegno finanziario qualora alla data di entrata in vigore del Decreto avevano già ottenuto prestiti o linee di credito.

Rispetto a questi si prevede:

  • per le aperture di credito sino a revoca e i prestiti accordati” … su crediti esistenti alla data del 29 febbraio 2020 o in essere alla data di pubblicazione del Decreto (17 marzo 2020), se superiori, non vi potrà essere alcuna revoca fino al 30.9.2020 in riferimento sia alla parte utilizzata del finanziamento, sia a quella da utilizzare;

 

  • per i contratti per prestiti non rateali” con scadenza contrattuale prima del 30 settembre 2020 è prevista una proroga che vale anche per tutti gli elementi accessori al contratto principale, senza alcun aggravio di costi sia per il fruitore, che per l’intermediario il quale dovrà farsi carico degli oneri amministrativi;

 

  • “per mutui e altri finanziamenti con rimborso rateale […], con le rate e i canoni di leasing con scadenza anteriore al 30.9.2020, è prevista la sospensione dei pagamenti fino alla data del 30 settembre 2020 senza che ciò comporti aggravio di spese ed oneri né per l’intermediario né per le imprese fruitrici.

Tale previsione si estende anche agli elementi accessori del contratto.

Per “elementi accessori” si intendono tutti i contratti connessi a quello principale di finanziamento, tra i quali in particolare quelli sulle garanzie, assicurazioni nonché i contratti derivati che sono dunque prorogati senza formalità, automaticamente alle condizioni del contratto originario.

Il periodo di sospensione, comprende anche la rata in scadenza il 30 settembre 2020 che dunque non dovrà essere pagata.

Il piano di rimborso delle rate o dei canoni oggetto della sospensione, è dilazionato secondo modalità che dovranno assicurare l’assenza di nuovi o maggiori oneri per entrambe le parti.  

Solo gli oneri amministrativi resteranno a carico dell’intermediario.

SOGGETTI BENEFICIARI DELLA PREVISIONE DI CUI ALL’ART. 56

MICROIMPRESA:

  • di dipendenti inferiore a 10
  • Totale stato patrimoniale o Fatturato annuo non superiori ad €2.000.000,00

PICCOLA IMPRESA:

  • di dipendenti inferiore a 50
  • Totale stato patrimoniale o fatturato annuo non superiori ad €10.000.000,00

MEDIA IMPRESA:

  • di dipendenti inferiore a 250
  • Totale stato patrimoniale o fatturato annuo non superiori ad €43.000.000,00

DUBBI SUL CONCETTO DI IMPRESA ALLA LUCE DELLA RACCOMNADANZIONE 2003/361/CE E DELLA L. N.208/2015 (LEGGE FINANZIARIA2016).

INTERPRETAZIONE ESTENSIVA O RESTRITTIVA DEL CONCETTO DI IMPRESA?

La prima questione che si è sollevata alla lettura dell’art. 56 d.l. 18/2020 riguarda l’interpretazione del concetto di “impresa”. Si pone infatti il dubbio che fra i beneficiari del contenuto dell’art. 56 del decreto Cura Italia, possano essere compresi anche i liberi professionisti ed i lavoratori autonomi in quanto la raccomandazione 2003/361/CE all’art. 1 dell’allegato definisce come impresa “ogni entità a prescindere dalla forma giuridica rivestita […]”. In tal senso anche la legge finanziaria 2016 ha esteso il concetto di imprenditore ai liberi professionisti equiparandoli all’impresa, poiché soggetti esercenti attività economiche.

Per quanto sin qui illustrato, considerando il particolare contesto in cui nasce il decreto che ci occupa e i fini che è volto a perseguire, siamo oggi spinti a ritenere che l’interpretazione del concetto di “IMPRESA” debba essere estensiva e comprensiva anche delle figure libero-professionali.

POSSONO RIENTRARE NEL CONCETTO DI IMPRESA LE A.S.D. e le S.S.D.?

Il nostro codice civile agli artt. 2082 e 2195 pone le principali disposizioni che definiscono l'imprenditore, ossia:

- l’art. 2082 c.c.  recita: “… è imprenditore colui che esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”.

- l’art. 2195 c.c. elenca semplicemente le categorie di attività soggette all'obbligo di iscrizione nel registro delle imprese:

quella industriale diretta alla produzione di beni e servizi;

intermediaria alla circolazione dei beni;

quella di trasporto per terra, acqua e aria;

quella bancaria ed assicurativa;

quelle ausiliarie alle precedenti.

Più in generale possiamo dire di essere in presenza di un’impresa quando questa rispecchia alcuni requisiti:

professionalità: l’attività è svolta in modo stabile e non occasionale;

economicità: l’attività è produttiva di ricchezza (o quanto meno volta ad essere economicamente autosufficiente);

organizzazione: l’attività richiede il coordinamento dei fattori produttivi, capitale e lavoro, proprio ed altrui;

scopo: l’attività ha quale fine quello della produzione e scambio di beni e servizi, ossia è destinata al mercato, con il fine del conseguimento di un profitto.

È bene precisare, alla stregua di quanto sin qui esposto che tutti i centri fitness che rivestono la forma giuridica di ditta individuale, s.r.l., s.a.s., s.n.c. o s.p.a. avranno diritto al supporto predisposto dallo Stato nell’art. 56 del d.l. “CuraItalia”  .

Per quel che riguarda invece i centri fitness che rivestono la forma giuridica di A.S.D. o S.S.D., è opportuno puntualizzare che le prime sono associazioni con finalità sportive che non perseguono scopo di lucro, sicché la loro natura è inconciliabile con l’esercizio professionale dell’attività economica (art. 2082 c.c.) nonché in assenza, a rigore, anche di una finalità volta al conseguimento del profitto.

Le A.S.D., infatti, per il riconoscimento del fine sportivo, sono iscritte nel registro tenuto dal CONI e soggette annualmente alla verifica della sussistenza dei requisiti tipici dell'associazione. A tale obbligo non soggiacciono neanche quelle associazioni dotate di P.IVA e che quindi posso svolgere attività commerciale purché in forma sussidiaria o meramente strumentale rispetto all’attività istituzionale.

Le S.S.D., invece, sono costituite nella forma di società di capitali o società cooperative, anch'esse senza scopo di lucro e col fine dell'attività sportiva riconosciuta dal Coni, ma dal punto di vista fiscale a differenza delle prime, mantengono la propria natura commerciale.

Di conseguenza le S.S.D., possono essere qualificate come imprese e sono tenute, come tali, ad espletare tutti i relativi adempimenti.

Pertanto, da una prima interpretazione della norma si ritiene che soltanto i centri fitness nella forma di A.S.D non sembrano poter beneficiare delle misure previste dalla norma in esame.

Dato il frenetico susseguirsi delle normative in materia, non sono esclusi ulteriori profili che necessiteranno di approfondimento.

MODALITA’ DI ACCESSO ALLE MISURE DI CUI  ALL’ART. 56 D.L. 18/2020.

Per accedere alle misure, le imprese devono essere “in bonis”, vale a dire che non devono avere posizioni debitorie, inadempienze probabili ed esposizioni scadute. In particolare non devono avere rate di finanziamenti, mutui, leasing ecc. scadute (ossia non pagate o pagate parzialmente) da più di 90 giorni.

Ulteriore precisazione merita quanto affermato dal Ministero dell’economia e delle finanze che, in considerazione dell’epidemia da Covid-19 riconosciuta come evento eccezionale e di grave turbamento dell’economia, ha ritenuto che alle misure di cui al d.l. n. 18/2020 possano ricorrere anche quelle imprese, comunque in bonis, che abbiano ottenuto già misure di sospensione o ristrutturazione dello stesso finanziamento nell’arco dei 24 mesi precedenti.

Le imprese che possono beneficiare  della norma che ci occupa e che intendono accedere alle citate misure, devono presentare alla propria banca/intermediario finanziario una specifica comunicazione corredata da dichiarazione con la quale  l’impresa autocertifica  di aver subito in via temporanea una carenza di liquidità quale conseguenza diretta della diffusione dell’epidemia da Covid-19, attestando che, alla data del Decreto non siano segnalate dall’intermediario situazioni sintomatiche che qualificano il credito come “deteriorato”.

In sintesi, secondo quanto precisato dal Ministero, nella suddetta comunicazione, l’impresa deve auto-dichiarare:

  • il finanziamento per il quale si presenta la comunicazione di moratoria;
  • di aver subito in via temporanea carenze di liquidità quale conseguenza della diffusione dell’epidemia da COVID-19;
  • di soddisfare i requisiti per la qualifica di micro, piccola o media impresa;
  • di essere consapevole delle conseguenze civili e penali in caso di dichiarazioni mendaci ai sensi dell’art. 47 DPR 445/2000.

La comunicazione può essere inviata da parte dell’impresa anche tramite PEC, ovvero attraverso altre modalità che consentano di tenere traccia della comunicazione con data certa.

Ad ogni modo sarebbe opportuno ed auspicabile che le imprese contattino la banca o l’intermediario finanziario per valutare le opzioni migliori, tenuto conto che nel decreto legge in discorso sono previste anche altre importanti misure a favore delle imprese come quelle che prevedono l’intervento del Fondo di garanzia PMI e che possono collegarsi con la misura della moratoria. Le banche possono inoltre offrire ulteriori forme di moratoria.

Al momento della ricezione delle comunicazioni delle imprese, le banche, gli altri intermediari finanziari vigilati e i soggetti abilitati alla concessione del credito in Italia, sono tenuti all’accettazione se le auto-certificazioni rispettano i requisiti previsti dal decreto legge. Ciò però non implica che questi debbano verificare la veridicità delle dichiarazioni effettuate dalle imprese, ma solo che la predetta comunicazione contenga gli elementi sopra indicati.

Finanziamenti agevolati e con provvista di terzi (art. 56 comma 6 del d.l. n. 18 del 17 marzo 2020)

Con riferimento ai finanziamenti erogati con fondi di terzi (in tutto o in parte), le misure in discorso sono realizzate senza preventiva autorizzazione da parte dei suddetti soggetti, con automatico allungamento del contratto di provvista in relazione al prolungamento dell’operazione finanziaria, alle stesse condizioni del contratto originario. Nel caso in cui il finanziamento sia assistito da agevolazioni pubbliche, le banche o gli intermediari finanziari saranno tenuti ad informare l’ente agevolatore dell’istanza pervenuta. Trascorsi 15 giorni dalla comunicazione all’ente agevolatore, la banca/intermediario finanziario potrà procedere senza ulteriori formalità alla sospensione del finanziamento secondo il principio del silenzio assenso.

LE GARANZIE SUSSIDIARIE DELLO STATO

Le operazioni oggetto delle misure di sostegno sono ammesse, senza valutazione, alla garanzia di un’apposita sezione speciale del Fondo di garanzia con una dotazione di 1,73 miliardi di euro.

Per avvalersi di tale garanzia, il soggetto finanziatore trasmette una richiesta telematica.

La sezione speciale del Fondo garantisce:

- con riferimento alle aperture di credito sino a revoca e ai prestiti accordati, il 33% dei maggiori utilizzi alla data del 30 settembre 2020, rispetto all’importo utilizzato al 17 marzo 2020 (comma 2 art. 56 lett. a);

- il 33% dei prestiti e degli altri finanziamenti la cui scadenza è prorogata (ex art. 56 comma 2 lett. b);

- il 33% delle singole rate dei mutui e degli altri finanziamenti a rimborso rateale o dei canoni di leasing che erano in scadenza entro il 30 settembre 2020 e che sono state sospese ( art. 56, comma 2°, lett. c).

A fronte di eventuali inadempimenti totali o anche parziali da parte delle imprese fruitrici delle misure di agevolazione di cui all’art. 56, le banche o gli intermediari finanziari dovranno avviare entro i 18 mesi successivi al termine delle misure di sostegno le opportune procedure esecutive nei confronti delle imprese.

A questo punto, il Fondo di garanzia, verificata la legittimità della richiesta provvede a liquidare in favore della banca/intermediario, entro 90 giorni, dapprima un anticipo (pari al 50% del minor importo tra la quota massima garantita dalla sezione speciale prevista ed il 33% della perdita finale stimata a carico del Fondo).

A questo punto, la banca o l’intermediario potrà chiedere, entro 180 giorni dall’esaurimento delle procedure esecutive, la liquidazione del residuo importo dovuto a titolo di escussione della garanzia del Fondo. Entro 30 giorni dalla data di ricevimento dalla documentata richiesta di escussione, il Fondo di garanzia provvede alla corresponsione dell’importo spettante ai soggetti beneficiari della garanzia.

Disponibile un breve video esplicativo QUI

A cura del

Team Professionisti FISPIN


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