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L’importanza del “periodo di ristoro/recupero” nella programmazione delle strategie di allenamento-prima parte

L’importanza del “periodo di ristoro/recupero” nella programmazione delle strategie di allenamento-prima parte

L’importanza del “periodo di ristoro/recupero” nella programmazione delle strategie di allenamento-prima parte

Partendo dalle ottime informazione fornite dal mio amico e collega Roberto Sara sugli aspetti fisiologici delle sedute di recupero post allenamenti ad alta intensità, vorrei raccogliere il testimone di Roberto per sviluppare e andare a trattare l’argomento “recupero” da un punto di vista ancora più generale, cercando di contestualizzarlo nelle realtà che noi istruttori di spinning viviamo quotidianamente.

Abbiamo mai riflettuto su quanto e come ci alleniamo, se troppo o troppo poco? Quante volte è meglio allenarsi e a quale intensità? Spesso la popolazione che frequenta le palestre e, nel nostro caso, le sale spinning, non si è mai posta queste domande. Basta “sudare” e fare fatica, spesso, per alcuni troppa  o per altri troppo poca. Certamente sta a chi, come me e voi, ha in mano la “salute” dei nostri allievi/allievi, essere consapevoli e guidare, o meglio disciplinare, il comportamento a volte sbagliato dei praticanti per  condurli con logica e buon senso al raggiungimento  di un risultato, sia esso sportivo/agonistico o semplicemente fitness, cioè volto al benessere psicofisico della persona.

Ma per essere in grado di fare questo dobbiamo avere chiare alcune “nozioni” che spesso, e purtroppo, sfuggono agli “addetti ai lavori”. Quello che vorrei fare nelle righe successive è cercare di spiegare, in modo semplice e più chiaro possibile,  alcuni concetti propri della letteratura della Teoria dell’Allenamento anche ai “non addetti”.

Che cos’è un allenamento? Cosa mettiamo in atto quando ci alleniamo? La risposta più immediata è la seguente: ci sottoponiamo ad alcuni esercizi per ottenere un miglioramento del nostro organismo al fine di raggiungere un determinato obiettivo. Obiettivo che è molto soggettivo e dunque molto differente da soggetto a soggetto, come già ho accennato in precedenza.

Durante una seduta di allenamento sottoponiamo il nostro organismo ad un evento stressante, ad uno “sforzo” per ottenere un miglioramento, o meglio, degli adattamenti che dovranno durare nel tempo (adattamenti cronici); per raggiungere una nuova condizione più efficiente ed efficace.

Per ottenere dei risultati è necessario programmare la somministrazione di questo evento stressante in maniera sistematica, tenendo presente alcuni principi fondamentali dell’allenamento che di seguito elenchiamo:

  1. 1.     Il principio del sovraccarico

 

  1. 2.     Il principio della specificità del carico

 

  1. 3.     Il principio della diversità interindividuale

 

  1. 4.     Il principio della progressione dei carichi

 

  1. 5.     Il principio della reversibilità

 

In maniera molto semplice e sintetica vi spiego cosa significano questi 5 principi, comuni ad ogni disciplina sportiva.

Sovraccarico

Se voglio migliorare devo sottoporre il mio organismo ad un evento che abbia un’intensità superiore alle capacità che in quel determinato momento possiedo. Devo SOVRACCARIVARE il mio sistema.

Specificità

Se voglio ottenere miglioramenti in attività di resistenza, tipo podismo o ciclismo, dovrò utilizzare degli strumenti che siano specifici per migliorare le capacità che queste discipline richiedono. Certo non mi allenerò in sala pesi in palestra e viceversa. Per essere ancora più pratici, è necessario che le sedute di allenamento abbiano come oggetto il miglioramento della capacità fisiche attraverso l’utilizzo del gesto tecnico di quella determinata disciplina per cui mi sto allenando.

Diversità individuale

Semplicemente riguarda il concetto, geneticamente condiviso, che ogni individuo risponde in maniera soggettiva e direi unica a determinati “stimoli”. Dunque partiamo dal presupposto che non esistono ricette, in assoluto, valide per tutti.

Progressione dei carichi

Concetto su cui concentreremo la nostra attenzione e che ci fa capire l’importanza dei momenti di recupero/scarico. Per principio della progressione dei carichi s’intende che, “per ottenere un effetto allenante non basta individuare l’entità del carico da somministrare ad un soggetto sulla base delle proprio caratteristiche, ma che è necessario adattare continuamente i carichi alla situazione che evolve”. In questa progressione saranno fondamentali i momenti di “tregua”, di “ristoro”…di “RECUPERO”. Infatti, come vedremo più avanti, questa progressione, per essere efficace, non potrà tendere all’infinito, ma dovrà necessariamente essere periodicamente interrotta da periodi di carico decrescente, il ristoro/recupero.

Reversibilità

Se non continuo il mio allenamento, se lo interrompo, gli adattamenti che ho indotto nel mio organismo regrediranno. Dunque quegli adattamenti “cronici” (che durano nel tempo), inesorabilmente, si azzereranno.

Voglio ora ripartire dalla definizione di allenamento, una delle CLASSICHE a cui il nostro programma di formazione Spinning® fa riferimento, la seguente:

“L’allenamento ha lo scopo di indurre nell’organismo una serie di adattamenti che permettono il miglioramento della capacità di eseguire un determinato lavoro (prestazione sportiva) oppure di migliorare le condizioni generali di benessere (fitness)”.

 

“Programma di esercitazioni fisiche ideato per assicurare l’apprendimento di abilità  (complesso di sequenze motorie specifiche) e per l’incremento dell’efficienza fisica”.

 

“Per adattamento si intende “ una risposta cronica” che si instaura lentamente e che persiste nel tempo, almeno fino a quando esiste lo stimolo allenante”.

Lo “stimolo allenante non è altro che l’evento “stressante”, in parole molto semplici, la quantità di fatica a cui ci sottoponiamo. Bene, torniamo alla domanda iniziale. Quanta fatica fare?  Come programmare la fatica, o meglio ancora, per essere più scientifici, l’INTENSITA’ di un esercizio per far sì che questo produca i giusti adattamenti? Domanda da un milione di euro!!! E le risposta sono molto ampia, in relazione ai diversi obiettivi che un soggetto si pone e alla categoria a cui appartiene.

L’intensità, semplificando, può essere somministrata in modo Costante o Variabile/Intermittente. Se voglio migliorare la capacità di durata, ovvero la resistenza , sarà più opportuno sottoporsi ad allenamenti ad intensità costante; in questo modo andrò a potenziare i meccanismi energetici Aerobici (sedute di Endurance), dove l’intensità sarà relativamente bassa, sotto soglia anaerobica ( consiglio di approfondire i concetti si soglia aerobica, soglia lattacida e soglia anaerobica, fondamentali per la programmazione di allenamenti efficaci - ndr) e il volume, la durata degli allenamenti sarà alta. Se voglio migliorare l’erogazione di energia nell’unità di tempo, ovvero la forza, la velocità e la potenza, i meccanismi energetici anaerobici lattacidi o alattacidi, allora mi dovrò sottoporre a sedute ad intensità variabile o intermittente (interval training), dove l’intensità sarà sopra soglia e la durata, o il volume degli allenamenti sarà nettamente più basso.

In entrambe le situazioni che concorro in maniera sinergica al miglioramento delle “prestazioni sia fitness che sportivo/agonistiche, è fondamentale quel periodo di interruzione che abbiamo accennato nel principio della progressione dei carichi.

A questo punto mi fermo e vi rimando al prossimo articolo dove andrò a definire i vari tipi di recupero e darò dei cenni sulla Periodizzazione e sul fenomeno della Supercompensazione!!!

Arrivederci al prossimo appuntamento

Daniele Iacoboni

Spinning® Master Instructor

Fine I parte


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